Quando finisce l’età moderna e inizia la contemporanea?

I manuali di Capra e Rosa-Verga propongono di spostare le frontiere oltre il classico termine del Congresso di Vienna:
Capra alle Rivoluzioni del 1848, cioè all’avvento di regimi parlamentari, dell’egemonia sociale della borghesia, e dell’emergere pieno dei nazionalismi in Europa.
Rosa-Verga addirittura al 1870, cioè al completamento delle unità nazionali in Italia e Germania, alla fine della servitù della gleba in Russia e della schiavitù negli Stati Uniti d’America, alla diffusione in diversi paesi della Rivoluzione Industriale e dei regimi parlamentari con un suffragio allargato.
Alcuni storici spostano l’inizio della Storia Contemporanea al 1914, cioè allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il cataclisma che distrusse alcuni imperi multinazionali (Impero austro-ungarico, Impero ottomano), segnò l’emergere degli Stati Uniti come prima potenza economica dell’Occidente, e vide in Russia l’affermarsi dell’esperimento Comunista.
Sempre nell’agosto del 1914, il Giappone, richiamandosi al trattato che lo legava alla Gran Bretagna dal 1902, dichiarava guerra alla Germania, e approfittò dell’occasione per impadronirsi dei possedimenti tedeschi in Estremo Oriente.
Nel novembre dello stesso anno, la Turchia, legata alla Germania da un trattato segreto, interveniva a favore degli imperi centrali.
Sei mesi dopo, nel maggio 1915, l’Italia entrava in guerra contro l’Austria-Ungheria.
A fianco degli imperi centrali sarebbe poi intervenuta la Bulgaria (settembre 1915), mentre nel campo opposto si sarebbero schierati il Portogallo (marzo 1916), la Romania (agosto 1916) e la Grecia (giugno 1917).

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Nel 1917 avvennero due fatti di grande importanza: da un lato l’entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco degli alleati e dall’altro l’uscita dal conflitto della Russia.

Poiché i Tedeschi avevano accentuato gli attacchi sottomarini al traffico mercantile nell’ Atlantico per mettere in difficoltà gli alleati (nel Maggio 1915 i Tedeschi affondarono il transatlantico Lusitania, sul quale viaggiavano molti cittadini americani), la situazione divenne insostenibile e gli USA, per volontà del presidente Wilson, ormai indissolubilmente legati dalle forniture militari agli interessi franco-britannici, furono inevitabilmente coinvolti nella guerra. La Russia, invece, sconvolta dalla guerra civile che avrebbe travolto il governo degli zar (Rivoluzione sovietica), chiese l’armistizio e si ritirò dal conflitto.

Anche grazie alla superiorità militare conseguita con l’intervento americano, nel novembre 1918 la guerra terminava con la vittoria dell’Intesa.
Alla conferenza della pace, che si tenne a Versailles, il compito dei vincitori si rivelò difficilissimo. Nelle dure condizioni imposte alla Germania risultò evidente il contrasto fra l’ideale di una pace democratica e l’obiettivo francese di una pace punitiva.
La carta dell’Europa fu profondamente mutata, soprattutto in conseguenza della dissoluzione dell’Impero asburgico, che permise la nascita di nuovi Stati.

La guerra si concluse quando, essendo ormai chiara la disfatta dell’esercito tedesco, costretto ad arretrare dall’offensiva francese, inglese e statunitense, il Kaiser Guglielmo II fu cacciato dalla Germania, che proclamò la repubblica e firmò l’armistizio.

Determinante per la vittoria degli Alleati fu la potenza navale dell’Inghilterra, che, grazie al suo netto dominio sul mare, poté rifornirsi di merci e di armamenti dagli Stati Uniti, colmando così lo svantaggio industriale che rendeva Inghilterra, Francia e Italia più deboli della Germania.

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