Con la migrazione delle tribù germaniche a ovest del fiume Reno e la disgregazione dell’Impero Romano d’Occidente, in tutti i territori del vecchio Impero si costituirono molteplici entità politiche di matrice germanica, di religione ariana che non si mescolarono con le popolazioni conquistate, prevalentemente cattoliche.
Questa mancanza di integrazione indebolì fin dall’inizio la struttura dei “regni barbarici”, esponendoli all’urto espansionistico dei Bizantini e degli Arabi.
Solamente il Regno dei Franchi si dimostrò resistente e capace di sviluppo.
L’epoca vichinga in Scandinavia durò da circa l’800 fino al 1050 (d.C.). Il periodo prende il nome da un popolo, i vichinghi, che solcò i mari di tutta Europa per guerre, commercio e esplorazioni. L’attacco dei vichinghi al monastero di Lindisfarne nel 793 viene spesso associato con l’inizio dell’epoca vichinga, visto che gli attacchi dei vichinghi nel resto d’Europa erano ugualmente brutali.
Le scorribande vichinghe divennero famose in tutta Europa. Sarebbero dovuti passare più di 1000 anni prima che qualcuno fuori dalla Scandinavia parlasse dei vichinghi in altri termini rispetto alla convenzione che dipingeva i vichinghi come barbari.
Dopo un periodo molto freddo, tra il 1000 e il 1300 si registra un periodo caldo, tanto che si ha testimonianza di fattorie fondate dai Vichinghi in Groenlandia!
Il miglioramento climatico determinò raccolti più abbondanti.
l’Europa è in parte ancora occupata dagli arabi.
La Penisola iberica, infatti, è dominata per due terzi dal califfato di Cordova, una delle grandi compagini in cui è diviso il mondo islamico.La Sicilia è invece sotto il controllo dei Saraceni, i musulmani che agli inizi del 900 hanno cacciato dall’isola le ultime guarnigioni bizantine.
Nella Penisola iberica e in Sicilia gli arabi hanno introdotto una civiltà per tanti aspetti più evoluta di quella dei paesi cristiani, sotto il profilo materiale e culturale.
L’energia delle loro conquiste, che nei secoli precedenti li ha portati addirittura a tentare d’invadere l’Europa centrale, si è ormai esaurita.
Ma pur avendo rapporti economici e culturali con gli arabi, i cristiani avvertono la loro presenza come estranea e potenzialmente minacciosa. I cristiani avrebbero fatto di tutto per cancellarla dall’Europa, e ci sarebbero gradualmente riusciti.
I regni europei, anche se competono reciprocamente e si scontrano spesso in vere e proprie guerre, sentono di appartenere a un’unica comunità, cementata dall’adesione alla fede cristiana, la Cristianità.
E questo vale anche per l’Impero rifondato da Ottone I, nel cuore dell’Europa occidentale.
Intorno all’anno Mille si verificò una rinascita urbana con l’ampliamento delle città dove i signori feudali erano propensi a trasferirsi per acquistare prodotti e beni di lusso, i contadini potevano emanciparsi dagli obblighi servili esercitando una attività artigianale e individui in cerca di lavoro e di una opportunità decisero di insediarsi andando a costituire la borghesia.
Gli artigiani costituirono le Arti o Corporazioni, associazioni in cui erano uniti tutti coloro che svolgevano la medesima attività.
Queste associazioni si andarono strutturando in Arti Maggiori, delle quali facevano parte i professionisti della città, i notai, i banchieri e gli speziali e in Arti Minori a cui aderivano gli artigiani meno ricchi come i fornai, i calzolai e i fabbri.
L’Arte eleggeva un Priore con il compito di controllare il comportamento dei membri aderenti.
Le università, fino a quel momento gestite prevalentemente dal clero con l’obiettivo di istruire i sacerdoti e i monaci, dopo il Mille furono frequentate anche dai figli della borghesia. Ricordiamo tra le più importanti quella di Salerno, famosa per gli studi di medicina, l’università di Bologna celebre per le discipline giuridiche (1158), di Parigi rinomata per le discipline filosofiche e quelle inglesi di Oxford (1170) e Cambridge (1230), famose ancora oggi.
L’organizzazione economica si trasformò grazie all’eccedenza nelle produzioni che consentì l’affermazione di una nuova economia di mercato, non più confinato alle realtà locali.
Si organizzarono delle fiere nella regione della Champagne (nella Francia centro orientale) e soprattutto ripresero i contatti commerciali con l’Egitto e l’Oriente da dove arrivavano prodotti tipici come le spezie e le stoffe preziose. Un altro mercato che si sviluppò fu quello delle Fiandre, che corrispondono al Belgio e all’Olanda, dove venivano prodotti tessuti di gran pregio.
Sul Mare del Nord si affacciavano le città di Colonia, Amburgo e Lubecca che si unirono nella Lega Anseatica e che scambiavano prodotti tipici come pellicce, legname e pesce secco con i prodotti tipici del mediterraneo, l’olio e il vino.
Insieme alla ripresa dei commerci si ebbe una ripresa della circolazione monetaria.
Durante l’Alto Medioevo il conio delle monete era stato molto ridotto ma questa attività riprese nel Basso Medioevo.
Furono usate nuove forme di pagamento a Genova e a Venezia, come la lettera di cambio e la cambiale, che significa la promessa del pagamento di una somma allo scadere di un tempo pattuito tra i due contraenti.
Si diffuse anche la contabilità e assunse valore la nuova figura dei cambiavalute, colui che cambiava il valore di una moneta con un’altra moneta, coniata da un altro signore, in un’altra città.
Generalmente i cambiavalute operavano nel mercato pubblico, dietro un banco, pertanto furono chiamati banchieri e spesso si trattava di italiani in particolare di genovesi, toscani e veneziani.
Le loro attività si andarono strutturando e aumentò il prestigio delle ricche famiglie di banchieri come i Monsignori di Siena, gli Scala, i Peruzzi, i Bardi che, con i loro prestiti, spesso determinavano le sorti di una battaglia o le elezioni di un sovrano.
Tra gli imperi più longevi della storia, ha rappresentato per circa sei secoli il fulcro dei rapporti tra Oriente ed Occidente.
Partendo dal territorio dell’attuale Turchia l’Impero Ottomano arriva a conquistare l’Africa settentrionale divenendo il dominatore assoluto del Mediterraneo. Fondato nel 1299 per mano del sultano Othman I, meno di un secolo dopo la sua nascita l’impero ha già annesso ai suoi territori l’intera area balcanica, grazie alla propulsione espansionistica data dal sultano Murad I che sconfisse l’Impero Serbo nel 1389, assicurandosi così una via d’accesso alla conquista dell’Europa.
Dopo la presa di Costantinopoli nel 1445, proclamata nuova capitale dell’impero, i turchi proseguono la loro espansione per oltre un secolo (XV-XVI) giungendo fino ai territori della Russia cristiano-ortodossa.
L’agevole espansione dell’impero Ottomano è riconducibile anche alla sostanziale tolleranza dell’Islam per le altre religioni monoteiste supportate da testi sacri quali il Cristianesimo e l’Ebraismo.
La dissoluzione di questo vastissimo impero ha inizio con l’emergere della potenza russa che annette ai suoi territori la Crimea dopo due guerre (1768 e 1792).
Con il Congresso di Berlino del 1878 termina definitivamente il dominio turco nei Balcani.
All’inizio del XII secolo numerose tribù turco-mongole vivevano nell’altopiano stepposo dell’Asia centrale, simili per lingua e cultura, nomadi per necessità e costumi di vita, questi gruppi si erano uniti in piccoli clan per lo più famigliari, indipendenti tra loro, armati e decisi a difendere i loro pascoli e le mandrie.
Tra questi spiccavano per importanza e ricchezza d’armenti quelli dei Keraiti, dei Tartari e dei Naimani.
Generalmente privi di contatti stabili e definitivi tra loro, si erano uniti saltuariamente in comune, per opporre una resistenza efficace contro i minacciosi Kirghisi, e contro i Tungusi Liao, abitanti delle regioni settentrionali della Cina.
Si trattò di una breve e sporadica alleanza, essendo totalmente privi di una comune volontà politica o dinastica.
Queste tribù non essendo autosufficienti, per integrare il sistema di vita nomade (abiti, derrate alimentari, oggetti artigianali ecc.) compivano saltuarie incursioni nei ricchi e vicini territori cinesi.
La Cina per difendere i propri possessi, reagiva sia sul piano militare sia su quel politico, sfruttando abilmente le discordie tra i vari capi clan, concedendo titoli onorifici, provviste di cibo ad alcune tribù mongole in cambio di una vigilanza ai confini.
Questa politica cinese durò sino alla fine del XII secolo, fino a quando Temujin (Gengis Khan) erede del potente Yesughei Khan, riunì le tribù minori sotto il nome di Manghol (Mongoli).
Tra il secolo XI e il XIII si affermano nuove forme di produzione e scambio di merci, in connessione con la ripresa dei traffici mercantili su scala molto più ampia che nel recente passato, l’espansione delle città – con il popolarsi di artigiani e piccoli commercianti indipendenti – e il parallelo regresso dell’economia feudale.
Si parla di “sistema mercantile pre-capitalistico” (o di “capitalismo mercantile”) con riferimento al forte sviluppo dell’economia di produzione di merci nelle città che si genera in tutta Europa nel Basso Medio-Evo a seguito dell’intenso processo di urbanizzazione di parte della popolazione delle campagne, in cerca di prospettive di vita più libera e migliore di quella servile loro concessa nel sistema agricolo feudale.
Commercio e produzione artigianale organizzata iniziano ad influenzare potentemente l’attività economica della società nelle regioni più attive, come l’Italia settentrionale e i Paesi Bassi.
Questa trasformazione prende avvio dalle richieste della classe aristocratica feudale alla classe mercantile (composta da piccoli artigiani e commercianti indipendenti, provenienti dalle fila di contadini, benestanti o costretti dalla pressione feudale a fuggire dalle campagne e cercare fortuna nelle nascenti città, e dalla piccola nobiltà) di beni e strumenti che non riesce direttamente a produrre nel territorio di riferimento, facendo ricorso anche al loro credito, sia per ragioni di diletto sia per soddisfare esigenze militari.
All’inizio del XIV secolo si creò uno squilibrio tra risorse e popolazione: la frequenza e l’intensità delle carestie che colpirono allora i paesi europei dimostrano che la crescita demografica era andata oltre le capacità della produzione agricola e dell’organizzazione economica. Cominciò allora una fase di regresso demografico che ebbe una profonda incidenza in tutta la vita sociale. Sulle popolazioni dell’Occidente, la cui resistenza alle malattie era indebolita dalle carestie e dall’insufficiente nutrizione, si abbatté ad ondate successive il flagello delle epidemie. Il culmine fu raggiunto dalla «peste nera» che infierì dal 1348 al 1350. Gran parte della popolazione europea venne sterminata dalla peste: probabilmente un terzo degli abitanti perirono in Italia, in Francia e in Inghilterra. Pare che la peste nera sia stata trasmessa dai Mongoli ai Genovesi assediati a Caffa, in Crimea, e che una nave genovese abbia poi diffuso il contagio in Italia e da qui in tutta Europa. Epidemie meno gravi furono abbastanza frequenti anche nella seconda metà del secolo. Si calcola che tra il 1348 e il 1374 la popolazione inglese diminuì da 3.750.000 a 2.250.000, con una perdita del 40 per cento.
Una così rilevante perdita di popolazione non poteva non avere profonde e dirette ripercussioni nell’economia e nei rapporti sociali. Una parte della struttura produttiva fu praticamente travolta: migliaia di villaggi rimasero deserti, larghe zone coltivate, specialmente quelle meno produttive, furono abbandonate per mancanza di manodopera. Soltanto nelle regioni nord-orientali della Germania l’espansione della coltura granaria continuò ancora nel Trecento: ma l’aumento dell’esportazione di grano da quelle terre non poteva colmare i grandi vuoti che si erano creati nella disponibilità di beni alimentari e nella stessa capacità produttiva dell’Occidente.
Alla crisi economica determinata dal regresso demografico si aggiunsero altri elementi di squilibrio, creati proprio dall’intensità dello sviluppo che si era verificato nei secoli precedenti e dalle trasformazioni che si erano realizzate nell’economia, negli ordinamenti pubblici. Uno di questi elementi fu lo squilibrio tra esigenze finanziarie e circolazione monetaria. Il ritmo di aumento degli affari, della pressione fiscale, del consumo, superò la capacità di produzione dei metalli preziosi: le monete d’oro (il fiorino, il ducato veneziano, lo scudo francese) e d’argento in circolazione non furono più sufficienti, né gli Stati erano in grado di aumentarne la quantità, per la mancanza di materia prima. Per far fronte ai bisogni finanziari, i sovrani ricorsero alla riduzione della quantità di metallo prezioso contenuto nelle leghe con cui si coniavano le monete, provocando forti turbamenti nella vita economica.