Gli scavi archeologici di Fontana Ranuccio hanno portato alla luce i resti di un elephas antiquus, un pachiderma di circa 400 mila anni fa.
Il ritrovamento è avvenuto nel bacino di Anagni, un’area di circa 20 Km quadrati, ricca di siti paleontologici di età compresa tra il Pleistocene Inferiore e il Pleistocene Medio.
Il sito noto dagli anni 80 è stato scoperto durante le attività di cava per l’estrazione della pozzolana (pozzolana è il termine merceologico con cui viene indicata una piroclastite sciolta, a granulometria variabile dal limo alla sabbia, con inclusi ghiaiosi costituiti in prevalenza da pomici e in piccola parte anche da scorie vulcaniche. È utilizzata prevalentemente nell’industria edile).
I lavori hanno portato alla luce resti ossei di grandi animali. Sia la Sovrintendenza che l’Istituto Italiano di Paleontologia Umana hanno subito provveduto ad iniziare gli scavi per la salvaguardia del sito, che è divenuto uno dei più studiati del bacino.
All’epoca gli animali erano quelli tipici della fauna africana. In seguito l’eruzione del vulcano laziale ha coperto di cenere tutta la regione, grazie alla quale i resti degli animali sono stati preservati. Da circa 40 anni varie campagne di scavo hanno interessato il sito, principalmente condotte dall’Istituto Italiano di Paleontologia Umana.
Già nel 1949 i resti di un esemplare di Elephas Antiquus Italicum vennero trovati nel sito archeologico di Pignataro Interamna, attualmente conservati nel Museo Paleontologico di Napoli.
“… nel Quaternario, epoca in cui vissero questi animali, il centro ed il sud dell’Italia costituivano un habitat particolarmente favorevole per queste specie che, oggi, vivono in Asia e Africa” (da Memorie di un popolo, di Francesco Di Giorgio ed Erasmo Di Vito 2015).
Resti di Elephas Antiquus sono stati trovati anche sui monti della Sila cosentina da ricercatori dell’Università del Molise.