La vera storia di Pinocchio


Le avventure di Pinocchio: Storia di un burattino” è un romanzo scritto da Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista toscano Carlo Lorenzini.
Il romanzo era uscito inizialmente a puntate ne ”Il Giornale dei Bambini” diretto da Ferdinando Martini tra il 1881 e il 1883 e la prima apparizione di Pinocchio fu nell’usctita del 7 luglio 1881.
Collodi scrisse le prime 4 cartelle di quella che lui stesso definì una bambinata con il solo fine di pagarsi i debiti di gioco; la pubblicazione continuò con numerose interruzioni, a seconda delle condizioni economiche dell’autore, e si compì in 30 capitoli apparsi in 26 numeri del giornale, terminando il 25 Gennaio del 1883.
La prima edizione del romanzo restituisce al lettore l’opera così com’era stata originariamente pensata e scritta da Collodi, svelandone la perturbante natura oscura.
Pinocchio, dopo aver ucciso la propria coscienza, schiacciando il Grillo contro il muro, ignora totalmente tutti i buoni consigli dati da Geppetto, facendo scelte sconsiderate e talvolta malvagie, che alla fine lo portano prima ad essere divorato da uno squalo gigante e poi ad essere impiccato ad un albero, proprio da quei falsi amici di cui si fidava, il gatto e la volpe.
Pinocchio muore pronunciando un’invocazione già udita altrove: “Oh babbo mio! Se tu fossi qui!
L’impiccagione non è l’unica terribile angheria che Pinocchio deve subire nell’arco della vicenda, pur spesso meritandola con azioni altrettanto riprovevoli.
Ad esempio, il burattino viene immerso “cinque o sei volte” nella farina, fino a renderlo bianco dalla testa ai piedi e del tutto simile ad una marionetta di gesso, per poi essere cucinato dentro una pentola.
In un altro passaggio al burattino viene infilato “al collo un grosso collare tutto coperto di spunzoni d’ottone”, per fare la guardia come un cane. O ancora, dopo essere trasformato del tutto in un asino, è vestito come una ragazza e costretto a fare danze assurde, o a saltare nei cerchi sul palco.
All’epoca i lettori criticarono la scelta di un finale così macabro e si mobilitarono affinché Collodi lo cambiasse e desse a Pinocchio un lieto fine.
Anche se restio, Collodi acconsentì (impiegò quasi due anni a concludere il romanzo) e Pinocchio diventò un bambino vero e visse felice e contento con Geppetto e la fata Turchina.
La fama del romanzo nonché del protagonista Pinocchio crebbe negli anni grazie anche alla traduzione in lingua inglese nel 1892, preludio alla traduzione praticamente in tutte le lingue (si stima ad oggi in 240 lingue), numerose versioni a fumetti e il famosissimo cartone animato della Disney nel 1940.
Benedetto Croce diceva: “il legno in cui è intagliato il burattino è quello dell’umanità”. Secondo Italo CalvinoPinocchio è una favola capace di sopravvivere indenne ai mutamenti del gusto, delle mode, del costume senza mai conoscere momenti d’oblio”.
Lev Tolstoj, l’autore di Guerra e Pace, rimase così affascinato dal racconto di Collodi che nel 1936 decise di scriverne una sua versione in russo, intitolata “La piccola chiave d’oro o Le avventure di Burattino“.
Nel 1972 esce il film “Un burattino di nome Pinocchio” di Giuliano Cenci.
La pellicola venne presentata in anteprima da Corrado Mantoni, Ernesto Calindri Sandra Mondaini, alla presenza di numerosi facoltosi imprenditori, i quali supportarono il finanziamento del kolossal animato su Pinocchio fino a quando, una volta ultimato, il film trovò l’interessamento del produttore Goffredo Lombardo, direttore della Titanus, per il lancio mondiale del lungometraggio
Esportato in più di 20 paesi nel mondo, per realizzare questo film Cenci impiegò oltre sette anni di lavoro e una selezionata équipe di oltre 50 artisti e tecnici.
Il film, realizzato tra il 1966 ed il 1971, alla sua uscita nelle sale cinematografiche di gran parte del mondo, fu considerato dal pubblico e dalla critica uno dei migliori cartoons in “full animation” mai prodotti in Europa.
Fu realizzato interamente a Firenze, ad un costo pari al valore attuale di diversi milioni di euro. Ancora oggi rappresenta una delle più importanti conquiste del cinema d’animazione italiano.