La struttura dell’Impero Ottomano


nel 1530 il centro dell’Impero era Istanbul, con circa 30 milioni di abitanti. Fu eretta da Maometto II a capitale, in cui convivevano in un contesto cosmopolita musulmani, cristiani ed ebrei.
La città, che a metà Cinquecento era salita a circa 400.000 abitanti arrivando a circa 600.000 alla fine del secolo, divenne il centro amministrativo, politico e, grazie al grande porto, commerciale dell’impero.
Il nucleo della potenza militare era costituito dal corpo dei giannizzeri, una sorta di guardia pretoriana formata da rinnegati cristiani.
Alle diverse confessioni religiose, il potere ottomano, che pure aveva il carattere di una teocrazia, concesse una condizione di relativa tolleranza, vista come strumento di consenso e quindi di controllo politico e sociale.
A cavallo tra XV e XVI secolo molti ebrei cacciati dalla Spagna cercarono scampo nell’impero.
Sapiente fu la capacità di sfruttare le ostilità reciproche tra le diverse confessioni ed etnie.
Fu Maometto II a imprimere al potere ottomano la sua struttura e a emanare i regolamenti volti ad assicurare l’uniformità amministrativa e giuridica dell’impero, sul fondamento della legge canonica musulmana (shari’a).
Per consolidare il loro potere, i sultani non esitavano a procedere allo sterminio dei familiari che potessero avanzare pretese al trono.
Nelle funzioni di primo ministro agivano i vizir, spesso uomini di umili origini.
Le province dell’impero e gli stati vassalli venivano governati tramite pascià e governatori.
Solimano il Magnifico procedette a separare il tesoro privato da quello pubblico e organizzò un assai efficiente sistema fiscale.
Alle dipendenze del sovrano era il Consiglio formato dai ministri, dai funzionari più elevati e dai capi militari.
In un impero militare come quello ottomano, l’esercito,diviso in un nucleo permanente centrale (giannizzeri e cavalleria) e nelle forze territoriali decentrate, aveva assunto un posto privilegiato.
I successi militari furono in maniera determinante legati all’eccellenza dell’artiglieria.
La flotta si avvaleva dell’importante concorso delle formazioni corsare.
La classe dirigente era improntata ai modi di vita dettati dall’islamismo sunnita e dominava sui sudditi musulmani, cristiani ed ebrei.

La popolazione era divisa in due grandi categorie: i militari e i funzionari esenti dalle imposte da una parte e dall’altra i sudditi, composti da artigiani, contadini, non musulmani soggetti alle imposte.

L’élite dominante mostrò la capacità di reclutare al proprio servizio soldati, politici, uomini di cultura, scienziati, tecnici, artisti anche dai popoli soggetti.
I contadini cristiani delle zone conquistate erano grati per essere stati liberati dalla servitù della gleba e dagli oneri personali di matrice feudale.