Un nuovo progetto di recupero e valorizzazione del sito archeologico dell’antica città di Tiro, nel Sud del Libano, è stato completato dai caschi blu italiani della missione Unifil.
I lavori – precisa l’Unifil in una nota – hanno riguardato la manutenzione dell’impianto di illuminazione e la realizzazione della recinzione perimetrale dell’area di Al-Mīnā’, una delle tre zone di inestimabile interesse archeologico situata nella parte sud-occidentale dell’omonima città fenicia, contenente resti di epoca greca, romana e bizantina, tra i quali si trova una lunga e imponente strada colonnata pavimentata a mosaico che porta all’antico porto egizio, una particolare arena e un vasto complesso termale. Il progetto, finanziato con fondi del ministero della Difesa italiano, rientra nell’ambito dei progetti di cooperazione civile-militare inseriti nel piano di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico di Tiro, dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, portato avanti dai caschi blu del contingente italiano di Unifil in stretto coordinamento con le autorità locali, facendo ricorso a manodopera del posto.
Tiro è un’antica città portuale fenicia che, secondo la mitologia, è conosciuta come la città natale di Europa (da cui prende il nome l’Europa) e di Didone di Cartagine (venuta in aiuto e innamorata di Enea di Troia). Il nome significa “roccia” e la città era formata da due parti, il principale centro commerciale su un’isola e la ‘Tiro antica‘, a circa mezzo miglio di fronte sulla terraferma. La vecchia città, conosciuta come Ushu, fu fondata nel 2750 AC circa ed entro breve tempo si trasformò in un crocevia commerciale. Col tempo l’isola divenne più prospera e popolata di Ushu e fu pesantemente fortificata.
La prosperità di Tiro attirò l’attenzione del re Nabucodonosor II di Babilonia che assediò la città per tredici anni nel VI secolo AC senza riuscire a indebolirne le difese. Durante questo assedio la maggior parte degli abitanti abbandonarono la città continentale per assicurarsi la relativa sicurezza della città insulare. Ushu divenne un sobborgo di Tiro sulla terraferma e lo rimase fino alla venuta di Alessandro Magno. I Tiri erano conosciuti come produttori di una tintura estratta dai molluschi Murex e Purpura. Questa tintura di porpora era altamente apprezzata e nel mondo antico aveva connotazione reale. Ne derivò anche il nome per i fenici, dal greco – Phoinikes – che significa “popolo purpureo (o viola)”. La città-stato era la più potente in tutta la Fenicia dopo aver superato la città sorella Sidone. Nella Bibbia Tiro è citata nel Nuovo Testamento dove si afferma che sia Gesù sia San Paolo abbiano visitato la città. Inoltre Tiro ha acquistato notorietà per l’assedio di Alessandro Magno.
Intorno al secolo XX a.e.c. Tiro visse il suo periodo d’oro e durante il secolo VIII colonizzò altri territori della zona e godette di grande ricchezza e prosperità grazie soprattutto a un’alleanza con Israele. L’alleanza e l’accordo commerciale tra Tiro e Davide, re di Israele, fu avviata dal re di Tiro, Abibaal, che inviò al nuovo re legname dai favolosi cedri del Libano. Questa alleanza si è tradotta in una coalizione molto lucrativa a beneficio di entrambe le parti. A detta dello storico Richard Miles, “dal punto di vista commerciale, questo accordo non solo ha aperto a Tiro un accesso privilegiato ai preziosi mercati in Israele, nella Giudea e nella Siria settentrionale, ma ha anche fornito ulteriori opportunità per alleanze oltremare. Infatti, una spedizione tiro-israelita si è recata in Sudan e in Somalia, e forse anche nell’Oceano Indiano”.
Un altro sviluppo che ha aumentato la ricchezza di Tiro sembra essere stato una rivoluzione religiosa nella città sotto i regni di Abibaal e Hiram che ha innalzato il dio conosciuto col nome di Melqart (una versione divinizzata di Ercole) al di sopra della tradizionale coppia divina dei fenici, Baal (noto anche come El) e Astarte (Asherah). Il primato di Melqart (il cui nome significa “Re della città”) sottrasse il potere ai sacerdoti del tradizionale panteon degli dei e lo mise a disposizione del palazzo. Richard Miles osserva: “Sembra che dietro la decisione reale di sostituire le tradizionali divinità principali di Tiro con un nuovo dio, Melqart, ci sia il desiderio di ridurre in ginocchio i templi”. Il risultato non fu solo un aumento della ricchezza del palazzo ma, attraverso una più efficiente distribuzione di tale ricchezza, aumentò la prosperità per l’intera città.
Ora era il re, non più i sacerdoti, a rappresentare il “ponte tra il mondo temporale e quello celeste, e le esigenze degli dei celesti potevano corrispondere strettamente alle esigenze politiche del palazzo” (Miles, 33). Questa nuova politica religiosa incoraggiava un legame più stretto tra gli abitanti della città distinguendoli dalle altre città-stato della Fenicia e, quindi, rendendoli speciali agli occhi del loro dio. Scrive Miles:
Il re ha persino introdotto un nuovo ed elaborato cerimoniale per celebrare la festa annuale di Melqart. Ogni primavera, in una festa accuratamente coreografata chiamata egersis, veniva posta su una gigantesca zattera un’effigie del dio prima di essere ritualmente bruciata andando alla deriva verso il mare, mentre le folle riunite cantavano degli inni. Per gli abitanti di Tiro, come per molti altri antichi popoli del Vicino Oriente, l’enfasi era posta sulle proprietà riparatrici del fuoco, poiché il dio stesso non veniva distrutto, ma rianimato dal fumo, e l’incendio dell’effigie rappresentava quindi la rinascita. Per sottolineare l’importanza nel mantenere la coesione interna del popolo, tutti gli stranieri dovevano lasciare la città per l’intera durata della cerimonia.
Fu questa cerimonia, e l’importanza che rivestiva per il popolo, che avrebbe portato alla distruzione di Tiro e al massacro o alla schiavitù della popolazione. Nel 332 AC, Alessandro Magno arrivò in città, poco dopo l’assoggettamento di Sidone, e chiese la resa di Tiro. Seguendo la guida di Sidone, gli abitanti di Tiro riconobbero la grandezza di Alessandro e gli offrirono doni. Tutto sembrava andare bene e, contento della loro sottomissione, Alessandro disse che avrebbe presentato un sacrificio in onore del loro dio nel tempio di Melqart. I Tiri non potevano permetterlo perché sarebbe stato sacrilego per uno straniero presentare un sacrificio nella sacra dimora del loro dio e ancor più perché la cerimonia dell’egersis era imminente. Lo storico Worthington presenta quanto segue: “Azemilcus, re di Tiro, propose un compromesso. Tiro si sarebbe alleata con Alessandro, ma avrebbe fatto sacrifici sulla terraferma nella vecchia Tiro, di fronte all’isola. Alessandro, infuriato, mandò dei messaggeri a dire che ciò era inaccettabile e che i Tiri dovevano arrendersi. Questi uccisero i messaggeri e li gettarono dalle loro mura”. Allora Alessandro ordinò l’assedio.
Smantellò gran parte della vecchia città continentale di Ushu, oltre ad utilizzare i detriti caduti, rocce e alberi abbattuti, per riempire il mare tra la terraferma e l’isola creando un terrapieno per creare un accesso alle sue macchine da guerra. Nel corso dei secoli, questo ha causato una forte sedimentazione e ha collegato permanentemente l’isola alla terraferma; ecco perché oggi Tiro non è più un’isola. Dopo un assedio di sette mesi, Alessandro fece costruire una strada rialzata artificiale per abbattere le mura di Tiro e prendere la città. I 30000 abitanti di Tiro furono massacrati o venduti in schiavitù, e la città fu distrutta da Alessandro nella sua collera per averlo sfidato per così tanto tempo. La caduta di Tiro portò all’ascesa di Cartagine: i sopravvissuti all’assedio, che riuscirono a sfuggire all’ira di Alessandro attraverso la corruzione o nascondendosi, fondarono la nuova città nell’Africa settentrionale. Dopo la morte di Alessandro nel 323 AC, il suo generale Seleuco I prese il controllo della regione della Fenicia, compresa Tiro, e la ricostruì, ma la città fu nuovamente distrutta nel 315 AC dal generale rivale di Alessandro, Antigono.
I Romani occuparono la città in rovina come colonia nel 64 AEC, quando Pompeo annesse tutta la Fenicia fino all’impero romano. Tiro fu ricostruita sotto i Romani che, ironia della sorte, distrussero la città di Cartagine, fondata dai Tiri sopravvissuti. Roma costruì le strade, i monumenti e gli acquedotti visibili ancora oggi e la città fiorì sotto il dominio romano, ma decadde dopo la caduta dell’impero. Continuò ad essere una città portuale sotto il mondo romano d’oriente, l’impero bizantino, fino al secolo VII EC, quando fu conquistata dai musulmani.