Le Olimpiadi


Secondo la tradizione, la prima Olimpiade fu inaugurata nel 776 a.C., anno che divenne per i Greci l’inizio di uno dei loro sistemi di datazione.

Erano essenzialmente delle feste religiose derivanti da un culto commemorativo collettivo dei grandi antenati fondatori e monarchi di alcune città del Peloponneso.

Più tardi, dopo circa un secolo, furono capaci di attrarre tutti i greci compresi i gruppi che avevano fondato nuove città in territori non greci.

All’inizio le olimpiadi presentavano solo la gara di corsa di uno stadio, circa 192 metri, ad Olimpia. Successivamente furono aggiunte altre gare di corsa, poi fu introdotta la prova del pentathlon (corsa, salto in lungo, lancio del disco, lancio del giavellotto e lotta).Con questa disciplina prendeva forma l’Ideale sportivo dei greci antichi che collegava, in grande armonia, la forza con l’abilità e la bravura.

Poi fu introdotto il pugilato. Sport estremo perché assolutamente non sicuro, ma, forse per questo, molto popolare. I pugilatori indossavano i guantoni, ma questi erano di cuoio massiccio.

Poi fu la la volta del “pancrazio“, una lotta senza esclusioni di colpi.

La gara più estrema, però, fu quella con i cavalli e i carri introdotta nella 25° Olimpiade. Le gare con i cavalli erano molto popolari ed anche sensazionali. Gareggiavano re, tiranni, ricchi, l’aristocrazia militare: costoro spendevano interi patrimoni per mantenere le scuderie (ma i cavalli erano allevati e addestrati per lo più per la guerra). Il carro era leggero e veniva trainato da 4 cavalli. La lunghezza della corsa era pari a 12 volte la lunghezza dello stadio. Una sola persona poteva salire sul carro. La corsa era molto pericolosa, specialmente quando si girava a sinistra. Veniva proclamato vincitore il proprietario (cioè l’aristocratico) del carro mentre al guidatore si offriva una corona e un nastro di lana.

Le gare si svolgevano in estate. Nel primo giorno delle Olimpiadi si svolgevano le cerimonie più propriamente religiose, fra cui un grande sacrificio a Zeus e agli altri dèi.

La decadenza dei giochi olimpici antichi si ebbe quando le gare, i giochi ginnici da commemorazione funebre di eroi e grandi antenati si vennero trasformando in manifestazione di tipo sportivo ed esibizione di forza maschile.

Prima dell’inizio della manifestazione, per circa tre mesi i “spondofori kirikes” (annunciatori, banditori), tutti cittadini dell’Elide, incoronati con rami di olivo selvatico e tenendo in mano un bastone (simbolo dei “kirikes”), visitavano tutte le città conosciute del mondo greco, dalle colonie di Marsiglia fino a Kirine nel nord Africa, dalla Macedonia, la Tracia e l’Asia Minore fino alle coste di Bosforo ed annunciavano la “sacra tregua“, che interessava in modo particolare la zona di Elide nella quale doveva regnare assoluta tranquillità. Chi desiderava recarsi a Olimpia, poteva attraversare con assoluta tranquillità anche città con le quali la sua città era in guerra. Nessuno poteva entrare armato nell’Elide. Doveva lasciare le sue armi ai confini. Eventuale interruzione della tregua era considerata mancanza di rispetto a Zeus, in onore del quale si svolgevano le gare. I responsabili, inoltre, subivano pesantissime sanzioni, oltre l’esclusione dalle gare.

Proprio per la sacra tregua, le gare Olimpiche hanno avuto un ruolo importante per l’unità nazionale e psichica dei Greci: in quell’occasione si dimenticavano le incomprensioni e i modi diversi di sentire la realtà e si dava importanza alle cose che li univano, come la lingua, le radici e la religione. Proprio per il fatto che alle gare potevano partecipare solo i Greci, le Olimpiadi assumevano un ruolo di unione nazionale, forte e significativo.

Le olimpiadi moderne sono state ideate dal barone francese Pierre De Coubertin, il 6 Aprile del 1896, e rappresentano l’occasione d’incontro di tutti i popoli e di tutte le nazioni. Alla loro base c’è l’olimpismo che è, principalmente, uno ‘stato d’animo’, fatto di valori internazionalisti e democratici. Il barone indicava quindi nel rispetto delle differenze culturali, delle diverse identità, la base della reciproca comprensione tra popoli e nazioni. Occasione di questo incontro tra i popoli era la gara, lo sport, che il barone riteneva avesse una grande forza didattica e formativa. Lo sport, beninteso, dilettantistico, fine a se stesso, puro, o meglio preparatorio alla vita e al lavoro. Le gare, il risultato tecnico era secondario per il barone che proclamava: “L’importante non è vincere, ma partecipare“.